Breve storia delle PMI negli anni’80

Industrie anni 80
Industrie anni 80

Nel 1979, nonostante l’opposizione di diverse forze politiche e famosi economisti, l’Italia entrò nel Sistema Monetario Europeo (SME). Lo SME fu il primo sistema di cambi fissi tra le diverse valute europee e precursore dell’euro.

Vista la maggiore inflazione nel Paese rispetto agli altri Stati membri, la competitività dell’industria italiana diminuirà per tutto il decennio.

Nel 1981 avvenne la separazione tra Tesoro e Banca d’Italia. Durante questo periodo, l’obiettivo di imporre maggiori regimi fiscali non venne portato a termine, causando la crescita degli interessi passivi a causa della mancanza di finanziamento monetario del deficit.

Sul piano economico, il Pil crebbe velocemente, però con esso anche il tasso di disoccupazione il quale alla fine del decennio, raggiunse un picco del 12%. In aggiunta a questo crebbe la spesa pubblica, la quale cominciò ad avvicinarsi a quasi il 50% del Pil.
Questo periodo fu caratterizzato dalla svalutazione della lira e l’uscita dell’Italia dal Sistema Monetario Europeo (SME).

Gli anni Ottanta, e parte degli anni Settanta, sono caratterizzati da diversi eventi: il peso del debito pubblico, il consociativismo, ossia l’associazione tra partiti o correnti politiche, il capitalismo relazionale e il mercato del lavoro stagnante. In conclusione, è possibile definirlo come un periodo particolarmente difficile che ha condizionato le crisi e i debiti successivi.

SVILUPPO DELLA PICCOLA MEDIA IMPRESA

Dalla metà degli anni Settanta, il peso e l’importanza delle piccole e medie imprese (PMI) industriali sono cresciuti particolarmente, in concomitanza anche con il primo shock petrolifero.

Il peso e la forza di tali imprese è stato a lungo sottovalutato, erroneamente ritenute realtà non adeguatamente professionalizzate o con strutture organizzative troppo basiche e le cui peculiarità venivano viste come uno svantaggio competitivo. In realtà strutture aziendali più semplice e leggere presentano sia pro che contro.

Seguendo l’idea di Stigler, il quale vede l’impresa come un insieme di funzioni e processi, nasce la teoria della disintegrazione verticale. Rilevante in questo periodo, dal momento che è stata una strategia ampiamente utilizzata dalle piccole imprese. Consiste nell’esternalizzazione di uno o più processi produttivi assegnandoli a imprese terze, in modo da diminuire i costi produttivi.

Negli ultimi vent’anni molte innovazioni, sia tecnologiche che organizzative, hanno avuto l’effetto di rendere maggiormente specializzate un crescente numero di funzioni aziendali.

Questa specializzazione comporta la necessità di figure professionali precise che non possono essere impiegate per altre funzioni. Quindi in periodi di crescita lenta e incerta, le imprese subiscono le conseguenze del sottoutilizzo relativo alle strutture più specializzate.

In queste circostanze, diventa utile prendere in considerazione l’incentivo di “make or buy”, quindi di scegliere se mantenere interno un processo (make) oppure esternalizzarlo (buy).

Con la presenza della destrutturazione quindi si crea una nuova domanda di beni e servizi intermedi per la produzione. Si aprono quindi nuove nicchie di mercato che attirano nuove imprese.

 

PMI NEL NUOVO MILLENNIO

In conclusione, gli anni ’80 sono stati un periodo di sfide e cambiamenti significativi per l’industria italiana e le piccole e medie imprese. L’adesione al Sistema Monetario Europeo ha introdotto nuove dinamiche economiche, ma la crescente inflazione e la mancata implementazione di regimi fiscali più rigidi hanno presentato serie sfide alla competitività del paese. Nonostante questo, le PMI hanno dimostrato una notevole resilienza, adottando strategie come la disintegrazione verticale per migliorare i processi produttivi e ridurre i costi. Tuttavia, la crisi economica degli anni ’90 ha messo in luce alcune fragilità strutturali, sottolineando la necessità di riforme più profonde per garantire la stabilità e la crescita a lungo termine.

Nonostante le sfide globali, il contributo delle PMI alla creazione di posti di lavoro rimane un elemento fondamentale dell’economia italiana. Queste ultime infatti rappresentano il 41% del fatturato nazionale, il 38% del valore aggiunto e il 34% degli occupati.
Questo evidenzia l’importanza di sostenere e promuovere l’innovazione e la produzione di qualità per affrontare le sfide future.

Fonti

Report Istat Censimento imprese